Quarta d’autore N°3

 

 

Riccardo Donati presenta Ottavio di Saint Vincent 

“Ottavio da San Vincenzo con uno stratagemma s’insedia nella sfarzosa dimora della Duchessa di Lzegherzogstvo, vive da gran signore e tratta da pari con i primi della Nazione. Smascherato, resta comunque padrone del gioco, ma infine rinuncia al nuovo stato preferendo tornare ad una vita randagia”: così potrebbe condensarsi l’essenziale della trama se fosse la rubrica d’una novella boccacciana, in un ritmato incastellarsi di appetiti e raggiri. In versione teatrale, tra opera buffa e melodramma (con un tocco di bohème), la storia potrebbe invece suonare così: Parigi, prima della rivoluzione. Notte. Un solitario, squattrinato giovane poeta, nobiluccio decaduto, medita il suicidio. L’incontro in parte fortuito in parte cercato con una fascinosa dama russa potrebbe cambiare il suo destino; sotto mentite vesti, districandosi tra maligni lacché e rivali titolati, conquisterà la ricchezza e l’amore? O, ancora, a volerne cogliere il sugo in termini latamente pirandelliani: il sogno d’una civiltà di maschere genera naufragi identitari e smarrimenti metafisici.

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Quarta d’autore N° 2

 

 

Luca Lenzini presenta La pietra lunare

Tommaso Landolfi aveva da poco compiuto trent’anni quando da Vallecchi apparve uno dei suoi capolavori, La pietra lunare (1939): un racconto che nel paesaggio novecentesco si colloca su un terreno solo ed esclusivamente suo, ben distante dalle rotte più battute della narrativa italiana del tempo; tanto distante da sembrare un monolite proveniente da altri mondi. Proprio per questo la storia di Giovancarlo e Gurù, sospesa tra realtà e fantasia, mito e metapoesia, ad ogni rilettura non finisce di stupire, come se con il passare degli anni e dei decenni il suo lessico scintillante e straniante e la sua magia affabulatoria non solo non avessero perso di smalto, ma anzi si rivelassero come i riverberi senza tempo del «minerale splendore» che Vittorio Sereni aveva a suo tempo ravvisato nell’opera landolfiana. Lettore dei classici e soprattutto dei russi, il giovane scrittore dichiarava con i fatti la propria natura «negromantica», per usare il termine con cui egli definì la poesia di Puškin: quel che parve a Gianfranco Contini un «ottocentista eccentrico in ritardo» era già un moderno tra i più oltranzisti. Con le sue calibrate cadenze narrative e le concomitanti e calibrate effusioni liriche, le sue memorabili scorribande nelle regioni ctonie come nelle contrade dell’onirico e del carnevalesco, La pietra lunare continua a dar ragione al giudizio di chi vi ha riconosciuto «una vera e propria irruzione di grazia» (Andrea Zanzotto).

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La casa editrice Coconino Press ha pubblicato l’adattamento a fumetti del racconto del 1939 di Tommaso Landolfi Il mar delle blatte a opera di Filippo Scòzzari, pubblicato in origini a puntate sulla rivista “Frigidaire” nel 1983 e qui per la prima volta proposto in volume. L’adattamento è arricchito da un’introduzione di Scòzzari (Un fiume di blatte) in cui ricostruisce il suo incontro con l’opera di Landolfi e con Il mar delle blatte (“Mi stangò alle prime righe e non mi mollò più: era stato scritto per me, pensando a me, invocando me”) e dalla postfazione di Landolfo Landolfi (La cultura pop e Tommaso Landolfi). Pubblichiamo qui di seguito alcune tavole ringraziando l’autore e l’editore. Sul sito della casa editrice è possibile acquistare il libro: https://www.coconinopress.it/prodotto/il-mar-delle-blatte/
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Lo scrittore e giornalista Giovanni Arpino (1927-1987) tra il 1964 e il 1965 tenne una rubrica sul settimanale “Tempo”, i cui articoli vengono adesso raccolti per la prima volta in volume dall’editore minimum fax, che sta ristampando l’opera di un autore importante e dimenticato, con il titolo Lettere scontrose. 52 lettere e una risposta. Tra i destinatari di queste missive, «gradite e sgradite», ci sono gli uomini e le donne più importanti di quegli anni, da Dario Fo a Ugo La Malfa, da Virna Lisi ai Beatles a Totò (l’unico che gli rispose). Non sono però solo lettere scontrose, in alcuni casi sono piene di ammirazione, come quella a Tommaso Landolfi a cui si rivolge in questi termini: «posso indirizzarla solo a lei, che è tra i pochi a lavorare senza rete nel circo equestre delle lettere nostrane». La riproduciamo qui di seguito ringraziando l’editore minimum fax per la gentile concessione.

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Pubblichiamo qui il testo “Tommasino” di Romano Bilenchi, un ricordo Tommaso Landolfi uscito in R. Bilenchi, Le parole della memoria. Interviste 1951-1989, Fiesole, Cadmo 1995 e ringraziamo l’erede Laura Mori e l’editore Cadmo per la gentile concessione. Il testo è introdotto da un breve saggio del poeta e critico letterario Paolo Maccari.

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Il testo che segue è apparso in volume nel 1996, all’interno di Le parole della memoria (Fiesole, Cadmo, pp. 204-207) dove Luca Baranelli aveva riunito una scelta delle interviste concesse da Bilenchi nell’arco di quarant’anni. Nell’introduzione, Romano Luperini notava giustamente che Tommasino “starebbe benissimo in Amici” (p. 9), il libro di ritratti narrativi che Bilenchi aveva stampato una prima volta nel 1976 senza poi smettere di integrarlo con nuovi pezzi fino alla morte. Nel suo singolare statuto spurio, tra intervista e racconto a quattro mani, il ricordo di Landolfi compone qualcosa come un apocrifo di Amici.

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