Quarta d’autore N°5

 

 

 

Michele Farina presenta La spada 

Pubblicata per la prima volta nel 1942 per l’editore fiorentino Vallecchi, La spada è una silloge disumana, nella doppia accezione di crudele e bestiale, che accoglie brevi prose di generi differenti, tutte permeate da una nebbia fantastica più o meno fitta a seconda del testo considerato. Le creature che si aggirano tra le pagine della raccolta ci ricordano che quella umana è solo una delle possibili forme dell’immaginazione di Landolfi, e non la più ragionevole.

Una critica all’antropocentrismo si trova già nel racconto d’apertura, La tenia mistica, nel quale l’esploratore Nicholaus Klimius si trova catapultato su misteriosi pianeti collocati nel centro della Terra e popolati da esseri portentosi, a loro modo raziocinanti, che non hanno grande stima del nostro concetto di sapienza. Analogamente, in Nuove rivelazioni della psiche umana la tesi del professore azerbaigiano Onisammot Iflodnal, secondo la quale «anche gli uomini intendono, sentono, pensano», scatena l’incontenibile indignazione di una platea di cani, prigionieri di quella che egli definisce una «comoda illusione cinocentrica».

Con l’inesorabilità che contraddistingue la sua penna, Landolfi obbliga il lettore a mettere in discussione il suo consueto punto di vista per adottarne di inediti e sconfortevoli: così accade nei racconti Colpo di sole e La paura, ma anche nella fulminante prosopopea finale, Il racconto della piattola. L’incontro mostruoso fra uomo e animale è l’immagine in cui si incarna il racconto più sinistro e perturbante di tutti, Il babbo di Kafka, nel quale il padre dello scrittore boemo si presenta sotto forma di enorme ragno dai connotati antropomorfi.

Altri testi trattano e consolidano alcune tematiche cardinali nell’opera dello scrittore di Pico, che non di rado si presentano fra loro interagenti: la riflessione sul destino (Una cronaca brigantesca), il gioco come metafora esistenziale (Lettera di un romantico sul gioco) e come innesco narrativo dagli esiti efferati (La notte provinciale), il rapporto tra azione e inazione (La spada).

La spada esemplifica con efficacia l’altezza dello stile landolfiano, nonché la versatilità dell’autore nel maneggiare differenti opzioni narrative con agio sorprendente. Una delle prose più peculiari in questo senso, Da “La melotecnica esposta al popolo”, testimonia questo eccezionale trasformismo rispetto al concetto di genere letterario: nel brano, una sorta di lacerto trattatistico, l’immaginario relatore informa chi legge del fatto che, fra le altre caratteristiche, le note musicali emesse dai cantanti possiedono peso, forma e colori specifici. Lo stesso si può dire anche delle pagine del ‘logomane’ Landolfi, che insegnano come la parola «precisa e ben timbrata» sia la più letale.

 

Michele Farina è dottorando in Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano. Il suo progetto di ricerca è dedicato alla narrativa breve di Luigi Malerba. Si è occupato della prosa di Cavazzoni, Ceresa, Frassineti e Manganelli. Fa parte del comitato di redazione delle riviste «La Balena Bianca» e «Nuova Tèchne»; collabora inoltre con altre realtà editoriali come «Enthymema», «Doppiozero» e «Tirature».

 

Dopo La spada, sarà la volta de Il principe infelice e altre storie per bambini a cura di Elena Frontaloni.

 

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