Quarte d’autore

Quarta d’autore N° 1

 

 

Con l’uscita di oggi diamo inizio alla serie di “quarte d’autore”, che si propone di seguire, libro per libro, tutta l’opera di Landolfi, dall’esordio del Dialogo dei massimi sistemi (1937) fino all’ultima raccolta di elzeviri, Del meno (1978). Abbiamo chiesto a critici, scrittori, studiosi appassionati dell’autore di scrivere una breve presentazione, una quarta di copertina, del loro libro landolfiano favorito. Un modo di ripercorre con uno sguardo attuale le tappe di una produzione lunga più di quarant’anni, e di produrre una sorta di invito corale alla lettura di tutto Landolfi, ormai quasi interamente disponibile nelle ristampe Adelphi.

I testi verranno pubblicati con cadenza bisettimanale.

 

Stefano Lazzarin presenta Racconto d’autunno

Secondo romanzo della trilogia fantastica del primo Landolfi (completata dalla Pietra lunare, 1939, e da Cancroregina, 1950), Racconto d’autunno (1947) porta, come gli altri due, un titolo allusivo e letterario (come minimo shakespeariano), e comincia, sempre come gli altri due, in modo sorprendente. «La guerra m’aveva sospinto, all’epoca di questa storia, lontano dai miei abituali luoghi di residenza»: potrebbe sembrare l’incipit di un romanzo resistenziale; ma il seguito della narrazione non annovera né sentieri dei nidi di ragno, né case in collina, né ragazze di Bube o partigiani Johnny: l’«immensa ed assai scoscesa forra» in cui si avventura il fuggiasco landolfiano conduce là dove conducono quasi ineluttabilmente le strade di Landolfi – a una casa. E attraverso l’inevitabile labirinto della casa si dipana, con altrettanta logica (si intende in relazione all’universo narrativo landolfiano), il filo d’Arianna che conduce a una donna, anzi due, depositarie di un enigma altrettanto denso. Così, fra un mistero e l’altro, il romanzo resistenziale appena abbozzato vira al giallo – pure in senso proprio, visto che le più svariate tonalità di questo colore dominano le pagine del Racconto d’autunno – e poi al romanzo gotico e al racconto fantastico, dei quali Landolfi riscrive, delegittima e al tempo stesso nobilita, con la consueta sapienza stilistica e narrativa, tutti i topoi, e perfino i più vieti poncifs. Quanto alla casa misteriosa, a poco a poco svelerà i suoi misteri alla curiositas – ancora un topos classico – del protagonista; ma soltanto per essere, nella Conclusione del romanzo, ignobilmente profanata dalle armate che dopo il 1943 attraversarono l’Italia. La dimora fatale viene allora a coincidere con l’avita magione di Pico Farnese, distrutta dalla guerra e per sempre rimpianta dallo scrittore: «essa giaceva sventrata, mostrando le sue viscere, […] lamentevolmente vuota del suo mistero, che era come il suo sangue». Prova abbagliante – se bisogno ne fosse – di quel che i critici più avvertiti hanno sempre saputo: e cioè che le più splendide invenzioni romanzesche di Landolfi germinano sul terreno della biografia dello scrittore.

 

Stefano Lazzarin è Maître de conférences d’italien a l’Université Jean Monnet di Saint- Étienne (Francia). È il supervisore del volume Il fantastico italiano. Bilancio critico e bibliografia commentata (dal 1980 a oggi) (2016).

 

Dopo il Racconto d’autunno, sarà la volta di La pietra lunare a cura di Luca Lenzini.

 

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