Troppo spesso Landolfi è stato etichettato come “epigono”. Se la definizione contiene una parte di verità, d’altro lato non rende ragione dell’attenzione che varie generazioni di scrittori hanno manifestato verso un autore a lungo trascurato, per contro, dalla critica e dall’editoria (si leggano gli interventi raccolti nel volume curato da Andrea Cortellessa Scuole segrete, che sta per essere ristampato da L’Orma). In questo senso, il rapporto di Tommaso Pincio con Landolfi ha qualcosa di paradigmatico. Non si tratta, almeno all’inizio, di un’influenza diretta (quando, come racconterà egli stesso in un altro scritto landolfiano – raccolto nel 2011 in Hotel a zero stelle -, qualcuno gli fece notare le analogie tra Lo spazio sfinito e Cancroregina, Pincio aveva ancora una conoscenza superficiale dell’opera di Landolfi), quanto piuttosto di una affinità più occulta, sostanziata da una comune appartenenza a una certa linea non-realistica della nostra letteratura. Dall’uscita di Lo spazio sfinito (pubblicato per la prima volta nel 2000) a oggi, l’interesse di Pincio per Landolfi (i due autori hanno in comune anche il fatto di essere entrambi scrittori-traduttori) è sensibilmente cresciuto, tant’è che una delle più fortunate tra le sue opere successive, Un amore dell’altro mondo (2002), sembra riecheggiare, nel titolo, un noto volume landolfiano. In queste considerazioni sul tipo del Landolfo, pubblicate recentemente nel suo blog (https://tommasopincio.net/), Pincio racconta, tra l’altro, sia gli aspetti che lo distinguono da Landolfi, sia le affinità che sente di avere con lui, percepibili anche nel singolare e suggestivo ritratto pittorico che accompagna queste pagine.
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Due numeri digitalizzati del “Bollettino del Centro Studi Landolfiani”

 

 
Dal 1996 al 2007 il Centro Studi Landolfiani di Siena, fondato e diretto da Idolina Landolfi, pubblicò undici bollettini ospitanti contributi critici originali sull’opera di Tommaso Landolfi. Alcuni dei contributi lì presenti non sono stati ristampati altrove; quest’ultima ragione, in particolare, ci ha indotto a digitalizzarne progressivamente i contenuti per metterli a disposizione dei nostri utenti.

Qui, in alto a destra, si trova in formato .pdf il n. II del “Bollettino”.
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Estratto da un articolo di M. Farina (in «Italienisch» 73, 2015)

 
 
Di seguito si propone un estratto dall’articolo di Mariagrazia Farina, Tommaso Landolfi e il «Bischeraccio della rosa». Hugo von Hofmannsthal tradotto dallo scrittore di Pico, pubblicato sul numero di maggio 2015 (n. 73) della rivista «Italienisch».
 

 
Le traduzioni hofmannsthaliane di Tommaso Landolfi, ad oggi quasi totalmente ignorate dalla critica, rappresentano testi di raro valore nel panorama delle traduzioni italiane di opere di lingua tedesca, sia perché contribuiscono alla diffusione degli scritti di un poeta difficile e quasi sconosciuto nell’Italia del Fascismo e del dopoguerra, sia perché nei loro esiti propongono un esempio particolarmente alto di quella «interpretazione riproduttiva» di cui si legge nelle moderne teorie ermeneutiche e della traduzione (1).
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Idolina Landolfi, «Il piccolo vascello solca i mari». Bibliografia degli scritti di e su Landolfi (1929-2006), Fiesole (Firenze), Edizioni Cadmo, 2015

 
 

Il Centro Studi è felice di annunciare a voi tutti, amanti e studiosi di Landolfi, la pubblicazione per i tipi della Cadmo dei due volumi di Idolina Landolfi, «Il piccolo vascello solca i mari». Bibliografia degli scritti di e su Landolfi (1929-2006)
Vol. I: A carte scoperte. L’autore e il traduttore: una biografia di Landolfi attraverso il rapporto con i suoi editori, le riviste, il pubblico, i contemporanei;
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Landolfiana, 45 monotipie di Iker Spozio

 

All’attenzione degli appassionati di Landolfi e dei sostenitori del suo Centro Studi, si offrono in visione 15 delle 45 monotipie realizzate dall’artista italo-basco Iker Spozio in omaggio al grande scrittore di Pico, più un ritratto di Landolfi eseguito dallo stesso Spozio a carboncino. 

 
 

Iker Spozio nasce a Luino, sul Lago Maggiore, nel 1972 e trascorre l’infanzia a Musadino, nella casa avita  – una casa non troppo dissimile da quella tante volte descritta da Landolfi nei suoi scritti.
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