Nell’articolo qui proposto (estratto dal volume Da poeta a poeta. Del tradurre la poesia. Atti del convegno, Lecce, 20-22 ottobre 2005, a cura di A. Romanovic, G. Politi, pp. 245-63) Marco Sabbatini, ricercatore in Slavistica presso l’Università degli Studi di Macerata, indaga sulla struttura e sul complesso significato di uno dei componimenti più noti di Fëdor Tjutčev, Silentium!, concentrandosi in particolare sulla traduzione del 1964 a opera di Tommaso Landolfi.
 

 

Traducere et dicere… Silentium! di Fëdor Tjutčev. Note sull’analisi metrico-linguistica e sulla versione di T. Landolfi

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Achmatova e Landolfi, 1932

 di GIOVANNI MACCARI
 

 
Il testo che segue è la rielaborazione dell’intervento pronunciato al Convegno Anna Achmatova nello spazio della letteratura mondiale, svoltosi a San Pietroburgo presso il Museo Achmatova alla «Casa della Fontana» il 22-24 giugno 2014, nell’ambito delle celebrazioni per il 125 anniversario della nascita della poetessa. La circostanza e l’argomento dell’incontro giustificano l’orientamento tematico del saggio, più centrato sulla figura di Achmatova che non su quella di Landolfi.
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Fortini, Landolfi e la disperazione

 di LUCA LENZINI
 

 
Landolfi non è tra gli autori novecenteschi che Franco Fortini, nella sua lunga militanza di critico, seguì con attenzione. Quest’ultima fu rivolta soprattutto a poeti, ma non mancarono peraltro, negli anni, suoi  interventi su narratori: la sua bibliografia ne è anzi ricca, specie nel periodo della collaborazione a «Comunità», e spiccano nei Saggi italiani per penetrazione i lavori su Cassola, Pavese, Bassani, Pratolini, Vittorini. A Landolfi sono dedicati tre interventi lungo un arco di mezzo secolo: il primo del 1940 (Tommaso Landolfi o la disperazione, «Ansedonia», n.s., II, 4, ottobre-novembre 1940, pp. 4-12), il secondo del 1953 (La birra del peccatore, «Comunità», VII, 20, settembre 1953, p. 44-46), l’ultimo del 1990 (La luna di Landolfi, «il Manifesto», 24 giugno 1990, p. 33). Nessuno dei tre confluì nelle raccolte pubblicate in vita da Fortini (l’ultimo appare in un volume postumo, non ideato dall’autore), e si capisce perché: il più antico è un testo giovanile che, come tutta la produzione del periodo fiorentino, restò escluso dalle sillogi saggistiche, la prima delle quali è Dieci inverni, comprendente lavori datati tra 1947 e 1957; il secondo è una breve recensione, ed il terzo una ricognizione a distanza di taglio memorialistico.
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Landolfi, Santi e la “terza generazione”: memorie di vizi e notti di luna

 di ANTONIO TARANTINO
 

 
«Pochissimi sanno chi è Landolfi, specialmente tra quelli che hanno letto i suoi libri. Ma degli uomini si avvertono, di solito, i miti che ognuno più o meno volontariamente si crea: a pochi è dato andar oltre. Indubbiamente, Tom è di quegli uomini davanti ai quali si può essere puri di atteggiamenti: proprio l’ultima cosa, questa, che potevo pensare qualche anno fa» (1).
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“I duellanti” – Un contributo critico

di LUCA LENZINI
 

 
Sull’attendibilità di Bilenchi come biografo di Landolfi la figlia dello scrittore, Idolina, nutriva più di qualche dubbio, complice fra l’altro quella disposizione all’aneddoto e alla storia colorita che chi ha conosciuto lo scrittore di Colle val d’Elsa (e forse anche chi, semplicemente, è nato o è vissuto qualche tempo nella provincia senese) riconosceva e riconosce come fonte d’ispirazione per le sue prose impeccabili degli ultimi anni. Tuttavia, qui Luca Lenzini può esibire i documenti e incrociare le testimonianze di coloro che, volenti o nolenti, hanno partecipato all’improbabile disfida fra Luzi e Delfini; sicché l’espressione landolfiana passata in proverbio, così carica di umori teatrali “da operetta”, andrà presa per buona e messa in conto, sul piano linguistico, al singolare impasto della lingua (anche parlata) di Landolfi, mentre sul piano personale si potrà ricordare quella vena di beffardo sadismo che lo rendeva temibile agli amici e sodali delle Giubbe rosse. A proposito di Delfini, si ricordi almeno il malevolo articolo sul Ricordo della basca uscito sulla rivista «Circoli», a. VIII, n. 11, novembre 1939; mentre dal lato opposto si veda il racconto di DELFINI, Lo scrittore, in ID., La Rosina perduta, Firenze, Vallecchi, 1957 e poi in ID., Manifesto per un partito conservatore e comunista e altri scritti, a cura di C. GARBOLI, Milano, Garzanti, 1997.
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